Per i malati di Parkinson, due ore e mezza a settimana di esercizio fisico sono fondamentali per rallentare il declino delle funzioni motorie e migliorare la qualità della vita. Lo suggerisce una ricerca condotta da un team guidato dalla Northwestern University di Chicago, pubblicata sulla rivista Journal of Parkinson’s Disease.
Gli studiosi hanno preso in esame i dati della National Parkinson Foundation Quality Improvement Initiative, uno studio internazionale e multicentrico che ha coinvolto 21 realtà territoriali diversi Paesi: Usa, Israele e Paesi Bassi. Oltre 3.400 partecipanti hanno fornito dati in più di due anni, con informazioni raccolte nel corso di almeno tre visite. La mobilità è stata misurata con un test apposito, cronometrando i partecipanti man mano che si alzavano da una sedia, percorrevano tre metri, giravano e tornavano a sedersi.
Come spiega Miriam R. Rafferty, prima autrice dello studio, “dai risultati è emerso che le persone con malattia di Parkinson che mantenevano 150 minuti di esercizio a settimana avevano un declino inferiore in termini di qualità di vita e mobilità nel corso di due anni rispetto a chi non faceva esercizio o ne faceva meno. Tutto ciò è risultato valido sia per chi già si esercitava, che per chi ha iniziato a farlo all’inizio dello studio”. Un dato che ha sorpreso gli studiosi è che i benefici maggiori riguardavano le persone in stato avanzato di malattia. Non ci sono indicazioni specifiche sul tipo di esercizio migliore, si può scegliere il proprio preferito, l’importante è che la ‘dose’ sia 150 minuti a settimana.